pubblicato il 04/07/15

3. Meditazione: le fasi iniziali

La cosiddetta voce della coscienza ha origine nelle profondità del sé nel quale sono registrate le qualità più fondamentali e naturali. Filtrando attraverso gli strati dell’ignoranza e della confusione, essa parla alla coscienza di superficie:
«Ehi, tu! Non fare questa cosa, non va bene!».
A volte la superficie ascolta il consiglio, altre volte lo rifiuta:
«Taci! So quello che faccio».

Si tratta della voce del potere spirituale originale e della purezza che cerca di proteggere il sé dalla sua stessa ostinazione. Alcuni filosofi hanno chiamato questa condizione originale Dio o energia superiore, una condizione immune agli effetti dell’azione. Se così fosse, come sarebbe possibile accumulare così tante stratificazioni di ignoranza al di sopra di Dio! L’impulso a migliorare o ad agire bene trae origine da questa essenza divina individuale.

Il sé sa intuitivamente che il suo stato naturale era puro, potente ecc. e che con il passare del tempo ha progressivamente perduto l’accesso a tale stato. Le caratteristiche originali sono state sepolte così in profondità che, in molti di noi, questa voce interiore si riduce a un lamento.

Se mettiamo a confronto tante abitudini comuni, tendenze, credenze, informazioni e valori, molti dei quali sono opposti a questo senso originale di correttezza, la coscienza ha poco o punto influenza sulla direzione che il sé prende. Un esempio di questo conflitto interiore tra il nostro ideale di comportamento corretto e ciò che realmente accade è particolarmente evidente nell’abitudine di cercare delle scusanti.

Trovare delle scusanti

Quando il capo mi chiede come mai non ho finito il lavoro, le scuse possono essere molte:
Non ho avuto tempo. L’altro collega ha messo in disordine quello che stavo facendo. Avevo un forte mal di testa. John non mi ha consegnato in tempo la sua parte di lavoro.

Adduciamo così tante scuse ogni giorno e con una tale facilità che non dobbiamo pensarci due volte a inventarci dei pretesti per coprire qualche mancanza in noi stessi. Forse è perché temiamo di essere criticati o di perdere la faccia che ricorriamo alle scusanti per nascondere debolezze o desideri sconvenienti. Potrebbe persino essere la semplice pigrizia di favorire cambiamenti positivi.

Sembra che la litania dei pretesti e delle lamentele faccia parte di una routine:

Questa città è brutta. C’è molto inquinamento e confusione. Non sopporto più di vivere qui. Non posso lavorare bene con questa gente.

Il desiderio di trasferirsi in un altro luogo non sarebbe di per sé un problema. Ma se è solo una scusa per non cambiare degli atteggiamenti interiori, allora possono verificarsi due cose:

  • · Se la persona rimane, la città diventa il capro espiatorio per spiegare molti problemi e/o la pigrizia che le impedisce di fare qualcosa per risolverli.
  • · Se il trasferimento avviene, le stesse problematiche si ripresenteranno nella nuova città, perché i sanskars che li hanno prodotti non sono stati cambiati.

Per approfondire questo punto, ripeterò la sequenza lasciando degli spazi vuoti che possono essere riempiti con uno o più situazioni-bersaglio, sui quali la mia inettitudine cerca di far ricadere il biasimo:

Questa (...) è molto brutta. C’è troppo (…). Non lo sopporto più. Non posso più (...).

Se mi comporto in questo modo è perché ho dimenticato la seguente regola del gioco della vita:

Non mi sento mai male a causa di qualcosa o di qualcun altro. Gli altri o gli oggetti non possono produrre i miei pensieri. Sono io che li creo. Se mi sento male è perché qualcosa in me (qualche sanskara) mi disturba.

Dalla stessa area di sanskars deboli nascono le scuse per procrastinare il necessario impegno per migliorare:

Lo farò domani… durante le vacanze… l’anno prossimo. Quando avrò finito il lavoro, farò… Quando cambierò casa, farò… Quando i figli saranno cresciuti, andrò… Quando andrò in pensione…

E così la vita passa inesorabilmente, giorno dopo giorno, e le misure che potrebbero rendere il mio viaggio più facile e più bello vengono accantonate con l’illusione che in un futuro non meglio identificato troverò la forza per occuparmene. Dimentico che domani porterà i frutti dei semi sparsi oggi. Se non agisco oggi, è molto probabile che non lo farò domani.

Una vita utile

A un sessantenne che abiti in una grande metropoli, rimane sorprendentemente poco tempo dopo aver analizzato le attività abituali della sua vita. Osserva la seguente tabella:

 

Attività

Ore impiegate

Totale

Sonno

8 ore al giorno

       20

Lavoro (da 18 a 55 anni)

8 ore al giorno

       12,3

Mangiare e cucinare

2 ore al giorno

       5,0

Trasporti (da 12 a 55 anni)

1,5 ore al giorno

       2,7

 


Lavarsi

0,5 ore al giorno  

       1,3

Bucato (da 15 a 60 anni)

1 ora alla settimana

       0,3

Shopping (da 15 a 60 anni)

2 ore alla settimana

       0,5

Divertimento (TV, hobby, sport) (da 5 a 60 anni)

1,5  ore al giorno

       3,4

Studio (da 6 a 18 anni)

6 ore al giorno

       3,0

Periodo di crescita fino a 15 anni

(Non incluso nelle suddette voci)

       9,1

Totale

 

     57,6

 

La conclusione sorprendente è che il tempo è qualcosa di incredibilmente prezioso. Se si toglie il periodo della crescita fino ai 15 anni, prima del quale l’individuo generalmente non pensa a introdurre dei miglioramenti a livello di consapevolezza, rimangono solo 2,4 anni!

Persino questo tempo limitatissimo, durante il quale l’individuo non si prende cura del proprio corpo o di ciò che lo riguarda, né ha responsabilità sociali particolari, viene frantumato e distribuito nell’arco di tutta la vita.

Dire: OK, farò qualcosa per migliorare quando avrò tempo, suona un po’ vuoto se mi limito ad aspettare che sia il tempo ad apportare i cambiamenti necessari. Quello che ho bisogno di fare è approfittare di queste semplici attività che costituiscono la mia vita quotidiana per introdurre dei miglioramenti in esse così come sono adesso. Migliorare la qualità della mia vita significa migliorare gli elementi base di cui sopra.

Dormire

Dormire cinque o sei ore invece delle otto abituali non è un problema. Posso cavarmela senza sentirmi stordito. Ciò che sembra stancarci di più non è l’attività produttiva bensì i pensieri inutili e negativi che accompagnano la routine quotidiana.

Per esempio, posso lavorare senza interruzione per sedici ore di fila, dando allegramente gli ultimi ritocchi alla mia casa senza per questo sentirmi esausto come quando sono preoccupato o bighellono in giro senza fare alcun lavoro fisico. Se, attraverso la pratica della meditazione, comincio ad eliminare i pensieri inutili che provocano stanchezza, posso ridurre il sonno e guadagnare fino due o tre ore al giorno. Negli ultimi trentadue anni in cui ho praticato il Raja Yoga, ho guadagnato circa due anni e sette mesi, che diversamente avrei speso dormendo! Ho usato questo tempo extra per fare molte cose costruttive tra cui quella di scrivere questo libro!

Lavoro

Se affronto le mie attività lavorative da una prospettiva diversa, anche questo rientra nel mio conto di credito spirituale.

C’è un’espressione per quelli che osano sfidare la pigrizia: Ora o mai più.

Ho solamente ora per promuovere qualsiasi cambiamento a livello di coscienza. L’indolenza che mi viene dal passato è incredibilmente grande, ma una volta messa in moto la locomotiva della meditazione, questa comincia a trainare facilmente i vagoni delle mie varie attività e responsabilità.

Generalmente, il tempo dedito al lavoro viene considerato tempo utile. Significa che quando non lavoro il tempo è inutile? Nessuno sarebbe d’accordo. D’altra parte, per varie ragioni, il tempo dedito al lavoro di solito non viene considerato utilizzabile in relazione alla crescita spirituale o per scopi meditativi. Benché un lavoro che richieda molta concentrazione mentale possa rendere più difficile l’impegno di meditare, il lavoro manuale e gli spostamenti sono facili da praticare mantenendo la consapevolezza spirituale.

Con la nuova prospettiva che mi offre la meditazione, trovarsi sotto pressione diventa un piacere e i problemi si trasformano in sfide che attingono al mio potenziale interiore. Il lavoro non è più un semplice mezzo di sussistenza per la mia vita fisica, può diventare anche una meravigliosa fonte di consapevolezza quotidiana. Posso vedere il posto di lavoro come un luogo dove servire gli altri interagendo con loro in modo positivo.

Non devo contare i giorni di lavoro in attesa del fine settimana, né contare i giorni che mancano alle mie prossime ferie, o gli anni che mi restano prima di andare pensione e fare finalmente ciò che più mi piace. Ogni giorno posso essere libero di esprimere la mia volontà più profonda. Il lunedì e la domenica diventano uguali!

Studio

A seconda della tipologia, lo studio viene considerato come una fonte di interesse nel presente o di investimento per il futuro. Quasi sempre, chi studia per conseguire qualifiche migliori ottiene un salario o un lavoro migliore. Ma poiché si tratta di un periodo di intensa attività cerebrale, di norma non lo si sfrutta per ottenere anche un vantaggio spirituale. Lo studente deve ricordare che sta studiando anche la vita e il suo contesto personale in seno ad essa. Studiare non è solo un mezzo per guadagnare soldi. Purtroppo, i sistemi educativi moderni concentrano la maggior parte dei loro interessi nel preparare gli studenti a guadagnarsi i mezzi di sussistenza per vivere. C’è una insufficiente preparazione riguardo alla sussistenza spirituale.

Lo studio della storia, se affrontata con una visione più ampia, potrebbe aiutarci a comprendere e a rispettare le varie tendenze culturali dell’umanità. La geografia ci potrebbe dare un senso di responsabilità in relazione al pianeta terra e al suo delicato ecosistema. La logica della matematica potrebbe aiutarci a rifiutare tutte le forme di fede cieca e le idee antiquate che non obbediscono alle leggi della ragione. Lo stesso metodo scientifico potrebbe essere applicato al laboratorio della vita grazie alle numerose esperienze di spiritualità. Immagina di imparare solo le regole della grammatica senza imparare come comunicare bene con gli altri.

Se intraprendo un corso di studi qualsiasi con lo scopo di progredire non solo materialmente ma anche spiritualmente, esso diventa molto più interessante e se ne trae un duplice vantaggio.

Se il sistema educativo non mi prepara adeguatamente alla vita, in seguito dovrò affrontare questo compito per conto mio e ricercare fuori dal sistema ufficiale gli strumenti per migliorare. E questo è precisamente il modo in cui ho imparato le cose che ho scritto in questo libro.

Diventando un doppio studente posso acquisire un equilibrio interiore.

Lo studio della meditazione e la comprensione del ruolo della coscienza mi aiutano a mantenere obiettività, discriminazione, concentrazione ed efficienza. Lo studio delle cose del mondo viene assorbito con maggiore facilità e il potere di memorizzazione aumenta. Si risparmiano tempo ed energia perché la memoria diventa estremamente acuta. Riesco a fare i compiti e gli esami senza rompermi la testa e con maggior successo.

Tempo libero

La parola inglese leisure (tempo libero, riposo, ozio) deriva dal latino licere che significa consentire. Normalmente si riferisce al tempo che concedo a me stesso per fare le cose che mi interessano, che sono diverse dagli impegni professionali e domestici. Sottintende riposo, gioia, serenità e libertà. Tuttavia, se non mantengo questo stato d’animo anche quando lavoro, dagli occasionali periodi di relax non riuscirò a trarre questo genere di esperienza, a meno che non mi tenga su con stimolanti quali musica, oggetti, alcol, droghe. In altre parole, se non riesco a godermi il tempo dedicato al lavoro non riuscirò a godermi nemmeno il tempo libero.

Quando ero giovane andavo molto al mare ed ero totalmente affascinato dalla libertà con cui i gabbiani volteggiavano nell’aria. Mi chiedevo: Potrei diventare anch’io libero come loro? Se anch’io faccio parte di questa natura incredibile, perché non riesco a sentirmi come loro?

Chiunque sia stato in un bel luogo con animo angustiato sa che è impossibile goderne la bellezza. Allo stesso modo, ritrovarsi con persone allegre, avendo il cuore trafitto da qualche spina dolente, non è un’esperienza molto piacevole. Per quanto bello possa essere l’ambiente, per quanto allegre possano essere le persone o per quanto eccitati possano esseri i sensi, nulla potrà mai sostituire realmente la pace, l’amore e la gioia interiori. È una scoperta che si fa con il passare degli anni. Solo quando sono in grado di apprezzare la bellezza del mio essere, potrò veramente apprezzare il mondo e le persone che mi circondano. Tanto che se il mio stato d’animo è sereno potrei ritrovarmi in un brutto posto e non accorgermi nemmeno della sua bruttezza.

Svago

Si spendono molti soldi nel settore della ricreazione – hobby, sport, turismo e case in campagna, apparecchiature elettriche e strumenti elettronici. Gli individui corrono dietro a qualsiasi cosa capace di aiutarli a rilassarsi e si ritagliano del tempo per tali attività.

Se imparo a rilassarmi mentre faccio delle cose, allora la vita può essere un’unica seduta rilassante in cui prendo anche piena coscienza del mio potenziale e lo suo! Il tempo libero effettivo durante il quale non vi è attività lavorativa è ancor più prezioso, perché posso usarlo per imparare a rimanere costantemente in uno stato di tranquillità quando ritornerò al lavoro.

Che mi trovi imbottigliato nel traffico, o in attesa dell’autobus o di un amico, o che vada su o giù in ascensore, o che stia facendo la fila, svariate sono le situazioni di cui si può approfittare durante la giornata per progredire spiritualmente. I minuti accumulati qui o lì possono essere messi a profitto. Sono decisamente occasioni per riflettere sui miei valori o anche per meditare. Per riuscirci ho bisogno di interiorizzare la differenza tra anima e corpo.

L’Essere nel corpo

Come abbiamo visto, l’anima ha due funzioni fondamentali:

  • · Infondere vita e regolare il metabolismo.
  • · Esprimere e sperimentare la propria esistenza attraverso il corpo.

Fino a poco tempo fa, alcuni pensavano che l’anima risiedesse nel cuore. In questi tempi di trapianti, possiamo vedere che qualcuno con un cuore diverso rimane la stessa persona dopo l’operazione. La zona in cui è collocato il sé è esattamente l’unico punto sul quale è impensabile intervenire chirurgicamente: la regione centrale del cervello dietro il centro della fronte.

Così come il sole ha la sua collocazione specifica nel sistema solare, irradiando luce, anche l’anima, o essere, è collocata in un luogo specifico del corpo, infondendo vita alle cellule, dai capelli sulla testa alle dita dei piedi. Non è difficile pensare a un minuscolo sole in mezzo alla fronte che illumina l’intero sistema. È ovvio che, affinché il sistema corporeo continui a vivere, è necessario respirare, mangiare e bere.

Per quanto riguarda le decisioni, le esperienze e la comunicazione, c’è un centro di coscienza che raccoglie e distribuisce le informazioni attraverso i cinque sensi e i diversi sistemi corporei come il sistema nervoso, endocrino, immunitario, linfatico ecc. Proprio dietro al centro della fronte tra le sopracciglia, vicino all’ipotalamo, c’è il punto di incontro tra il corpo fisico e l’essere metafisico.

Persino i minimi movimenti volontari e involontari del corpo sono sotto la tutela dell’essere o anima che lì risiede.

Prova a fare la seguente esperienza, passando al punto successivo solamente quando sei ben sicuro di quello precedente:

1. Crea la consapevolezza di essere un minuscolo punto di luce cosciente al centro della fronte che controlla l’enorme pupazzo che è il corpo fisico.

2. Guardati le mani con la sensazione che sia l’essere che sta osservando attraverso le finestre degli occhi.

3. Comincia a muovere la mano e prendi nota del fatto che si muove perché lo hai deciso tu, ovvero l’anima.

4. Solleva il braccio e muovilo lentamente formando dei cerchi.

5. Alzati lentamente e fai dei piccoli movimenti ma alla seguente condizione:

6. Nessun movimento può avvenire senza la coscienza di essere questa energia metafisica che sta usando il corpo come uno strumento.

Ripetendo più volte questi movimenti, ti renderai conto che si tratta di un’esperienza potente. Se riesci ad esercitarti a camminare in questa consapevolezza, puoi andare avanti per chilometri senza sentirti affaticato.

Ciascun essere possiede una configurazione di particolari esperienze che costituiscono la sua individualità. Il complesso di tali esperienze memorizzate o sanskars non solo ci distingue gli uni dagli altri, ma è anche ciò che determina il livello delle nostre azioni e interazioni. Dopo aver percepito la differenza tra il sé e il corpo, possono sorgere altre domande riguardo ad altri piani di esistenza.

Altre dimensioni

Se qualcuno ci domanda da dove veniamo, la risposta standard è quella di dire l’indirizzo, la nazione o la regione. Possiamo aggiungere che la nostra nazionalità è australiana, brasiliana, tedesca, sudafricana… Ma se la domanda riguarda l’anima e non il corpo, la risposta non è così semplice.

Da dove provengo io veramente? Se, in quanto forma di energia spirituale, non sono fatto di materia, allora una conclusione ovvia è che questo mondo fisico non è la mia casa. Considerando che è il corpo che muore, l’implicazione è che l’anima, qui, è solo un’ospite di passaggio. Se qualcuno chiede da dove essa provenga o persino dove si trovi Dio, la maggior parte di noi risponde indicando istintivamente il cielo.

Chi prega, per esempio, chiude gli occhi e cerca di inviare i pensieri oltre il mondo materiale, ma dove esattamente? C’è un altro mondo ad anni luce di distanza da qui? Veniamo da un altro pianeta? O è semplicemente l’unico modo per esprimere o indicare un’altra dimensione?

È innegabile che milioni di persone in tutto il mondo cercano, per devozione o per disperazione, questa esperienza dell’aldilà. Per sviluppare il contatto con qualcosa di superiore, senza necessariamente chiamarlo Dio, si provano metodi diversi. Quando vi sono problemi irrisolvibili nel mondo fisico, chiudiamo gli occhi e cerchiamo di proiettarci in quel luogo, per ritrovarci di nuovo in pace.

Lo psicologo Carl Jung aveva ragione quando cercò di associare l’inconscio umano agli aspetti mitici e magici delle sue tradizioni. Dopotutto, sembra ovvio che tutta l’umanità sia sottoposta allo stesso processo. Pertanto è logico che nelle nostre tradizioni culturali siano presenti gesti e impulsi che rappresentano vivamente la memoria intuitiva dell’esistenza di una qualche forza superiore «lassù».

Se vado in un altro paese e mi ritrovo nei guai, è naturale confrontare la situazione con il sistema di sicurezza del mio paese di origine dicendo: «Nel mio paese non è così. Non mi tratterebbero in questo modo».

Parimenti, se questo piano fisico di esistenza è una dimensione transitoria per l’essere metafisico o anima, quando mi trovo in difficoltà qui c’è qualcosa nell’intimo del mio essere che mi fa ricordare con struggimento la mia casa spirituale.

La preghiera è un chiaro tentativo di ritornare mentalmente a quel luogo in cui c’è pace, e le difficoltà lontane.

Il piano fisico

Nonostante la scoperta di nuovi pianeti fuori dal nostro sistema solare, non abbiamo trovato un luogo così perfettamente adatto alla vita come la nostra Terra. Questa relativamente minuscola perla azzurra, verde, marrone e bianca, si muove attraverso l’universo a una velocità impressionante, trasportando tutti i suoi passeggeri. È un palcoscenico immenso dove viene messa in scena una commedia intitolata «La storia e la geografia della Terra». Il sole, la luna e le stelle provvedono all’illuminazione.

La varietà di attori protagonisti e secondari, tipologie fisiche ben delineate e splendidi scenari è enorme. C’è anche un numero incredibile di trame collaterali individuali e collettive che insieme formano un’unica trama nella rappresentazione dell’umanità. È un mondo di suoni, colori, movimenti e mutamenti, con una costante integrazione e disintegrazione di forme e di ruoli.

In quanto anime umane, non siamo solamente ospiti o visitatori. La natura offre dei doni così impareggiabili che richiedono veramente solo rispetto e un senso speciale di gestione responsabile verso il pianeta e tutte le forme viventi, inclusa la nostra.

Nonostante ci troviamo su un palcoscenico così meraviglioso dove recitare i nostri ruoli, l’intero universo e le sue possibilità trascendentali hanno sempre suscitato la curiosità di sapere che cosa esiste oltre questo. Mentre le scienze essoteriche si sono interessate allo spazio siderale, quelle più esoteriche si sono interessate all’esistenza oltre lo spazio e il tempo. Come mai, nel corso dei secoli, c’è stata questa preoccupazione di conoscere la nostra provenienza?

È come se intorno alle nostre origini ci fosse un segreto così importante che durante tutta la storia registrata abbiamo destinato sia la scienza che la religione alla scoperta non solo del nostro passato più remoto, ma anche di quello oltre lo spazio visibile. Attraverso la scienza e la religione abbiamo intrapreso un’enorme ricerca, abbiamo investito un’incredibile quantità di energia, tempo e risorse semplicemente per scoprire la nostra origine. Dopotutto, la stessa parola «ricerca» implica che qualcosa è andato perduto o è stato dimenticato.

Considerati gli sforzi dell’umanità durante così tanti secoli, qualunque cosa sia ciò che rimane nascosto nel nostro passato, deve essere qualcosa della massima importanza.

La casa del sé

Per quanto possiamo comprendere razionalmente che siamo anime che occupano corpi fisici, continuiamo a essere vincolati da due realtà apparentemente opposte e inoppugnabili: la nascita e la morte.

Ciò che mi fece intraprendere il sentiero spirituale per cercare di comprendere le realtà più elevate oltre la vita fisica fu un fatto accaduto quando avevo quindici anni. In seguito a delle complicazioni insorte durante un intervento di isterectomia, mia madre fu dichiarata clinicamente morta per quattro minuti! Ciò accadde molto prima della pubblicazione di «La vita oltre la vita» di Raymond Moody, che descriveva la cosiddetta esperienza di premorte.

In maniera simile a ciò che in seguito fu descritto in questi libri, mia madre riferì di essersi sentita sospingere piacevolmente lungo un tunnel etereo alla fine del quale c’era una luce dorata che esercitava un’attrazione magnetica su di lei. Mentre contemplava questa luce irresistibile, volse lo sguardo al proprio corpo sul tavolo operatorio dove i medici stavano facendo tutto il possibile per rianimarlo, e percepì un senso di completo distacco e leggerezza. Per una ragione imprecisata, fu immediatamente catapultata indietro nel corpo e nell’inconsapevolezza. Quando più tardi le dissero che per quattro minuti non aveva dato segni di vita, ella capì immediatamente che era «morta» e che era ritornata in vita.

Dopo questa esperienza sembrò aver superato la più comune di tutte le paure, quella della morte. La sua vita divenne molto più spirituale, il che ebbe un grosso impatto su tutta la famiglia. Da quel momento in poi ho cercato di trovare le risposte ad altre due domande:

  • · Chi o che cosa era lei quando si è trovata fuori dal corpo?
  • · Dove stava andando?

Studiando e sperimentando gli aspetti più profondi del Raja Yoga, sono arrivato a capire che in questo universo fisico non ci sono solo quattro dimensioni: tre spaziali e una temporale. C’è una regione trascendente che esiste oltre queste quattro, una quinta dimensione che è correlata alla coscienza. In altri termini, la distanza che ci separa da quel «luogo di luce» che si riesce a intravedere nell’esperienza di premorte, dista solo un pensiero e trascende il sole, la luna e le stelle.

La regione che cerchiamo di immaginare quando preghiamo, chiamata nirvana dai buddhisti, paradiso dai cristiani, shantidham (dimora di pace) o paramdham (dimora suprema) dagli induisti, si potrebbe più propriamente chiamare incorporea o più semplicemente casa dell’anima.

Curiosamente, nir significa «oltre» e vana significa «suono». Questa dimensione, essendo al di là del suono e della materia, è completamente silenziosa e immobile. Tempo e spazio non esistono. Le anime rimangono lì in un stato latente come semi prima di essere piantati.

Spesso ho sentito fare questa domanda: «Se un tale luogo esiste, allora perché, tanto per cominciare, dobbiamo lasciarlo ed entrare nel mondo fisico?». Quale che sia la ragione, il fatto è che siamo venuti qui e siamo coinvolti in una rete enorme di azioni e reazioni. Probabilmente la domanda non è perché (le cose esistono). Sembra più un che cosa (esse sono).

La volontà di agire fa parte dell’intrinseca natura del sé. Alla fine della giornata vogliamo riposare perché ci siamo stancati occupandoci delle nostre attività quotidiane e perciò dormiamo. Ci svegliamo perché abbiamo dormito abbastanza. Allo stesso modo, usciamo dal sonno cosmico e veniamo in questo mondo di luce perché è ora di «svegliarci» e agire. Ognuno di noi viene per la prima volta nel mondo fisico nel momento in cui è richiesto il suo ruolo. Dopo aver trascorso il tempo che ci è stato assegnato qui, ci stanchiamo e dobbiamo tornare a casa per riposare. Non è difficile immaginare questa casa incorporea nella quale noi, in quanto individui in stato latente, attendiamo il nostro turno per incarnarci sulla Terra.

L’ordine con cui arriviamo è stabilito dal potere spirituale, dal ruolo e dalla qualità di ciascun essere. La popolazione della terra aumenta quando quella nella casa diminuisce. Le anime arrivano, cominciano a svolgere il proprio ruolo, indossano vari corpi-costumi, e dopo un certo tempo cominciano a ricordarsi della casa spirituale con grande amore, e inventano dei modi per ritornare al loro stato originale. Ovviamente questa esperienza della casa è registrata nei sanskars, ma i dettagli di ciò che è e di come ritornarvi, è stato dimenticato; da qui nasce l’impulso alla ricerca.

Dai miei esperimenti con queste realtà più profonde è emerso un fatto inequivocabile: noi siamo inconcepibilmente molto più di ciò che sembriamo essere. Siamo dotati di uno stato che trascende il nome e la forma nelle cui profondità possiamo addentrarci anche in questo momento. Non è necessario attendere di «morire» per poterlo fare.

È l’anima che medita e non il corpo

Una delle idee più logiche della vasta saggezza che ho scoperto negli insegnamenti del Raja Yoga riguarda la forma dell’anima. Le credenze popolari ci fanno immaginare le forme più fantasiose quando pensiamo all’anima. Capire che l’anima è un punto infinitesimale di energia cosciente è l’inizio del sottile pellegrinaggio verso l’autopotenziamento.

L’anima viene descritta come un punto perché esiste ma non ha dimensione fisica. Per rappresentare qualcosa che abbia queste due caratteristiche c’è solo una parola: un punto. Poiché appartiene ad un’altra dimensione, non ha lunghezza, larghezza, altezza o peso. Ma la più grande di tutte le meraviglie è che dentro questo punto ci sono mente, intelletto e sanskars i quali, insieme, danno forma e modulano tutti i ruoli che dobbiamo interpretare.

Se sperimento questa consapevolezza di io-anima, posso realmente cominciare ad attingere ai miei poteri interiori. Ecco perché non sono gli esercizi di respirazione e le posture fisiche, per quanto utili al corpo, ad essere importanti nella pratica meditativa, ciò che conta è la postura dell’anima.

La meditazione è metodica

Quando imparo a guidare un’auto, all’inizio tutto mi sembra strano. Poi diventa un’abitudine. Non ho neppure bisogno di pensare a freni, frizione ecc. La meditazione è un processo di apprendimento analogo. Vi sono quattro passi da mettere in pratica durante il tempo che decidiamo di dedicare a questo scopo:

  • · Ritiro dal mondo dei sensi fissando l’attenzione sul sé interiore.
  • · Contemplazione di pensieri elevati riguardo alla casa spirituale, all’esperienza dello stato originale e alla fonte suprema di energia spirituale: Dio.
  • · Concentrazione e assenza di pensieri inutili o negativi. In questo stato rimango connesso con la sorgente.
  • · Realizzazione di essere immerso nell’esperienza della pienezza, senza più alcuna analisi di ciò che sta accadendo nella meditazione.

Passo 1: Ritiro o introspezione

Come una tartaruga sa ritirare gli arti dentro il guscio, essere capaci di ritirarsi dal mondo esterno è la base della pratica meditativa. Un breve elenco dei benefici dell’introspezione mostra quanto ciò mi aiuti a:

  • · sperimentare pace e potere
  • · introdurre nuovi modi di pensare
  • · allontanarmi dal tumulto esterno
  • · liberare la mente, offuscata dalle negatività e dalle influenze non necessarie, grazie alla creazione intenzionale di pensieri positivi
  • · concentrare e disciplinare la mente
  • · rafforzare la capacità di giudizio e discriminazione.

Mettere da parte i ruoli

Quando mi ritiro dalle esperienze sensoriali, mi allontano anche dai miei tanti ruoli. Tra le altre cose, la meditazione Raja Yoga è un processo grazie al quale ricordo quale fosse il mio stato originale prima che mi confondessi tra le mie identità fisiche. Creo la consapevolezza di non essere il corpo né il ruolo che interpreto attraverso di esso.

Una volta pensavo di essere il corpo e di avere un’anima la cui vera importanza si manifestava alla morte. Scoprendo che in realtà io sono proprio l’anima che opera attraverso il corpo, ho ricevuto quello che si può letteralmente definire lo strumento principale della spiritualità.

Ho partecipato di recente ad una conferenza a New York dal titolo «Lo Spirito nel Mondo Economico». C’erano argomenti quali «Lo Spirito nel Lavoro», «Lo Spirito nella Diversità» ecc. Non so quanti partecipanti si fossero accorti che l’anima o lo spirito è «in» tutto ciò che facciamo.

Io sono l’attore e interpreto il ruolo di Robert o Mary in famiglia, al lavoro o nella comunità. Questi sono solo nomi o ruoli che definiscono l’identità fisica. Quando lascio il corpo alla sua morte, lascio anche i nomi e i ruoli. L’identità che ho sempre considerato essere me, è solo uno strato in cima a tanti altri. Ma io, l’anima, sono il controllore principale. Tutto il resto l’ho semplicemente acquisito: esperienze, abitudini, tratti della personalità e persino i ruoli e le relazioni.

Per quanto io sia separato da tutti i nomi e i ruoli, ciò non vuol dire che improvvisamente debba rinunciare ad essi. Devo solamente collocarmi nel punto centrale dal quale posso dirigere tutto. Diversamente non sarò mai in grado di operare bene all’interno e attraverso i miei ruoli. Ho bisogno di uno spazio nel quale potermi ritirare; un centro nel quale poter affermare che io sono un essere di pace. Con la convinzione che la mia vera identità sia questo puntino di energia cosciente che dà vita al corpo fisico, ha inizio un viaggio meraviglioso.

Nella seconda fase, posso prendere in considerazione il mio vero ruolo; al di là di quelli temporanei determinati dalle relazioni o da fattori karmici (come si vedrà al capitolo 5). Da questa prospettiva comincio a vedere i membri della mia famiglia, gli amici e i colleghi come anime-sorelle.

Passo 2: Contemplazione

Dopo aver creato questo profondo senso di identità ed aver focalizzato l’attenzione sulla zona un po’ sopra e tra le sopracciglia, dietro gli occhi, il passo successivo è quello di risvegliare e riprodurre l’esperienza dello stato originale. Rifletto usando le seguenti domande come base: Come ero quando mi trovavo nella mia casa spirituale prima di venire qui per la prima volta? Non avevo corpo, beni o relazioni. Non avevo neppure pensieri. Ero in uno stato completamente latente. Tutte le mie qualità erano al massimo del loro potenziale ecc.

Le persone che posseggono il dono della trance o della visione divina hanno potuto vedere l’anima nella sua forma essenziale come un’energia puntiforme circondata da un’aura di luce dorata, dalla forma ovale come quella della fiamma di una candela. La luce della casa spirituale è vista di colore rosso dorato. Per molte persone, però, si tratta di sensazione più che di visione.

In tale stato, sono libero da qualsiasi altra influenza e/o limite, e pertanto rifletto la mia verità più profonda.

Passo 3: Concentrazione

Letteralmente, concentrazione significa accentrare o far convergere tutto su un punto. Lo stato che raggiungo nella meditazione profonda è quello di trovarmi al centro non soltanto dei fenomeni fisici che accadono intorno a me, ma anche della mia vita. I pensieri diminuiscono e diventano molto più potenti. Poiché lo stato di concentrazione si autoalimenta, i pensieri non necessari o negativi non hanno il potere di giungere alla mia mente.

Passo 4: Realizzazione

Nella meditazione costruisco una scala di pensieri elevati sul sé e Dio finché non diventano pura realizzazione. È come se mente, intelletto e sanskars si integrassero e si ottimizzassero a tal punto da diventare una cosa sola.

Non è qualcosa di astratto, ma di conseguibile perché è reale. Se fosse mera immaginazione, non potrebbe provocare la trasformazione che realizza nel sé. Solo pochi secondi di un tale stato sono indimenticabili e vanno oltre qualsiasi cosa sia possibile conseguire con i sensi corporei. Le esperienze materiali più meravigliose impallidiscono al confronto. Anni e anni di descrizioni lette in merito a questo stato di autorealizzazione, di vite intere di pellegrinaggi, penitenze e rituali, non reggono al confronto di ciò che si ottiene in questi attimi preziosi.

Le fasi iniziali della pratica meditativa

Per molti, iniziare la pratica della meditazione è un po’ difficile a causa di modi di pensare radicati che contrastano lo sforzo. Questi modi di pensare si sono insediati da molto tempo. È come se cospirassero insieme nel considerare questo esercizio di pensieri elevati e positivi un oltraggio alla loro autonomia.

Normalmente i pensieri che disturbano la meditazione hanno origine nei ruoli dell’identità fisica o nei desideri provenienti dai sensi.

Durante la meditazione non ho bisogno di pensare a niente di tutto questo. Dopotutto il mondo non esploderà mentre sto seduto per più o meno quindici minuti. Devo adottare un atteggiamento maturo in relazione ai miei sforzi. Dando valore alla mia pratica meditativa, posso facilmente ottenere esperienze belle e positive.

La serie di affermazioni che formano il processo meditativo mi consente di trascendere la consapevolezza del corpo e le preoccupazioni connesse con i miei ruoli. Posso esperire me stesso come un essere totalmente indipendente. Scene del passato, impegni presenti e proiezioni future possono apparire fugacemente sullo schermo della mente per cercare di ostacolare la meditazione.

Cosa devo fare tra mezz’ora? E quell’appuntamento alle dieci? Chissà che cosa c’è per pranzo, oggi. Perché lui mi ha fatto questo? Avrei dovuto dirgli così…

È proprio quando appaiono questi pensieri che devo restare saldo, perché il mio tempo è prezioso. Mentre medito, è inutile pensare a quello che c’è nel frigorifero o a quello che ho programmato per la serata. Il cibo non sparirà, il programma verrà realizzato come stabilito. Devo solamente restare nel processo meditativo

Rimando all’analogia del treno utilizzata nella Meditazione 1. So che dopo un certo tempo giungerò a destinazione. Non ha importanza se le scene che scorrono davanti al finestrino sono belle o brutte. Nessuna di esse mi farà saltare giù dal treno. Rimango un osservatore. Durante le prime fasi della meditazione, si presentano pensieri belli e brutti che distraggono la mia attenzione. Se per qualche ragione vengono distolto, ritorno indietro e ricomincio daccapo.

Le scimmie

Un giorno, un discepolo chiese al suo Maestro come doveva meditare. Gli fu detto di trovare un luogo tranquillo, di sedersi comodo e di concentrarsi. Al momento del congedo, il guru aggiunse questa raccomandazione:

«Qualsiasi cosa tu faccia non dovresti pensare alle scimmie dalla faccia rossa».

Il discepolo trovò un luogo adatto, si mise a sedere, entrò in uno stato di rilassamento e infine si ricordò dell’istruzione del guru: Non devo pensare alle scimmie dalla faccia rossa. In quello stesso istante, sullo schermo della sua mente apparve una scimmia dalla faccia rossa. Di nuovo pensò: Non devo pensare alle scimmie dalla faccia rossa. Ne apparve un’altra. Per quanto si impegnasse a non pensare alle scimmie, esse invadevano continuamente la sua attività mentale.

Allo stesso modo, quando medito devo permettere al flusso normale dei pensieri di rallentare naturalmente e di creare pensieri connessi alla sequenza meditativa. Se all’improvviso appaiono pensieri inutili, non devo sprecare energia lottando contro di essi. Diventeranno solo più forti. Se ritorno semplicemente alla creazione volontaria di pensieri elevati, queste scimmie inutili scompariranno.

I pensieri sono mie creature

Inizialmente, tutto ciò può apparire come un esercizio di autosuggestione, perché il ricordo dello stato originale è così lontano che non si può evocare facilmente. L’indifferenza scompare quando l’alta frequenza delle vibrazioni generate dai pensieri positivi comincia a produrre un’atmosfera di pace e silenzio nella quale si ridesta il rispetto di sé. Nella fase iniziale la continuità é molto importante. Devo sentire profondamente il significato di ciascuna affermazione. Devo trattare i pensieri negativi come un genitore saggio e gentile tratterebbe i suoi figli. Dopotutto ogni mio pensiero è come un figlio che ho portato alla luce. Se voglio cambiare, devo modificare i pensieri riguardo a me stesso.

Meditazione 4

Cominciamo questo esercizio con gli occhi socchiusi ma senza focalizzarli su qualcosa in particolare. Come nell’esercizio precedente, il primo passo consiste nel portare tutta l’attenzione sul punto tra le sopracciglia ed iniziare la sequenza dei pensieri.

Da questo punto dietro gli occhi sento di irradiare pace come se fossi una torcia… un sole minuscolo che emana pace, la mia vera natura… Riempio tutta la stanza con questo sentimento… non solo la stanza… Irradio pace al mondo intero… tanta pace… Sono consapevole di essere un’anima… Sullo schermo della mia mente ricordo la mia casa originale… un luogo di luce dorata… Mi visualizzo semplicemente in questo luogo e qui sono… completamente libero dai legami con il mondo fisico… senza vincoli che mi frenano, senza limiti… completamente libero… sereno in questa dolce casa silenziosa…

Sono un osservatore distaccato, ma pieno di amore… Rifletto sulle mie qualità originali… amore per tutto e tutti… sereno… totalmente libero da preoccupazioni… con un forte senso di benessere… completamente libero da sentimenti negativi… senza alcuna influenza proveniente dal mondo fisico… il corpo… gli altri esseri…

Sono potente… nel mio stato di massimo potenziale, completamente padrone… dominatore della materia… Mi sento veramente colmo di amore, purezza, potere e serenità… Io sono luce… senza pesi né fardelli… Rimango in questo stato di completa beatitudine per qualche minuto e lentamente ritorno alle mie attività.


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