pubblicato il 28/04/17

Aruna Ladva

Felicità e dolore sono due emozioni molto comuni, ma, sono essenziali? Alcuni ritengono che per sperimentare la felicità bisogna provare dolore (al fine di conoscerne la differenza), ma è veramente così? E’ possibile rimanere costantemente in uno stato di felicità? Oppure ci sentiamo così ‘a nostro agio’ o ‘dipendenti’ dal dolore che la vita non ci sembra completa senza che ve ne sia un po' ogni giorno?
Quante situazioni ci creiamo quotidianamente per conto nostro dalle quali traiamo dolore? Potrebbe essere che abbiamo le nostre aspettative, solo per scoprire successivamente che anche gli altri hanno le loro in attesa di essere realizzate! Vogliamo che le nuvole passino, o che i colleghi abbiano un carattere migliore, o che la nostra squadra del cuore vinca il match prima di sentirci felici? L’elenco delle cose che ci portano via la felicità è infinita se permettiamo che lo sia. Eppure è proprio quello che facciamo, aspettiamo che le circostanze siano come vorremmo che fossero e solo allora possiamo ‘essere felici’. Oppure cerchiamo di fare l’impossibile, e cioè cerchiamo di controllare le situazioni intorno a noi, mentre in realtà siamo noi che dovremmo controllare noi stessi.

Per quale ragione ci creiamo sofferenza?

1) Lo facciamo per abitudine; siamo semplicemente abituati. Abbiamo imparato certi comportamenti sin da bambini e da adulti continuiamo a ripeterli senza neanche pensarci. Per esempio, mettiamo che da bambini andavate incontro ai vostri genitori a braccia aperte. Ma ogni volta essi vi allontanavano insistendo che prima andaste a lavarvi i denti. Il modello di comportamento (doloroso) è che non si viene amati se non si è puliti. Successivamente ci si può sentire così nei confronti del coniuge o degli altri.

2) Ci sentiamo a nostro agio. Siamo ingabbiati nelle nostre zone comode. Le chiamiamo ‘comode’ anche se sono scomode, tuttavia ci sono molto familiari e ben note. Qualsiasi cosa che ci sia sconosciuta probabilmente ci farà sentire a disagio. Perciò ce ne stiamo con ciò che conosciamo piuttosto che cercare il nuovo, nel quale potremmo trovare rischi e cambiamenti. Potrebbe essere il caso di un matrimonio infelice. Ci si rimane perché uscirne causa molta incertezza.

3) Ci piace. Sì, talvolta il nostro dolore ci piace! Crea dramma nella nostra vita, finiamo per diventarne le eroine, senza di che la vita sarebbe una noia! Quindi un po' di pepe e di azione aiutano ad andare avanti!

4) Si riceve attenzione. Come i bambini che fanno i capricci o come il cigolìo della ruota che chiede di essere lubrificata, anche noi alimentiamo i nostri dolori per ricevere l’attenzione desiderata. E una volta ricevuta l’attenzione, ci sentiamo più felici…per un po'!

5) Siamo dipendenti. Sì, siamo dipendenti e tutto quello che abbiamo detto finora cade in questa categoria. Il dolore è come una droga. Ci dà una certa spinta, un rilascio di sostanze ai neurotrasmettitori che ci fanno sentire vivi.

La domanda principale potrebbe essere: - È stato il dolore a portarmi via la felicità, o sono stato io a perderla e a permettere al dolore di mettersi a posto suo? Quale dei due viene prima?

La felicità è il nostro stato naturale. Non siamo tristi naturalmente, né ci impegniamo ad essere tristi per tutto il tempo. Quindi il dolore va e viene come le nuvole che non consentono al sole della felicità di manifestarsi. La felicità è sempre lì! Siamo noi che o prendiamo dolore dalle circostanze, o creiamo dolore da una situazione, permettendo alla felicità di giocare a nascondino per un po'.

Recentemente ci siamo trovati in un gruppo di cinquanta di noi in cima ad una montagna remota, a circa 2000 metri di altezza. La corrente elettrica in più occasioni andava e veniva per lunghi periodi di tempo. Eravamo senza luce, riscaldamento, acqua calda e tutti gli altri confort che ne derivano (neanche ricaricare il cellulare), eppure, poiché quei meditatori erano interiormente allenati ad adattarsi alle situazioni, e soprattutto si erano esercitati per lungo tempo a non consentire a niente di privarli della loro felicità, tutti sono rimasti calmi e di buon animo. Avendo abbassato le aspettative ed elevato la propria consapevolezza, erano imperturbati: un campeggio a lieto fine sentendosi grati per ciò che avevano!

Non lasciamoci prendere dal dolore a causa delle debolezze altrui. Ci arrabbiamo quando qualcuno non mantiene le promesse, ci infastidiamo se qualcuno si irrita, ci inquietiamo se qualcun altro si inquieta. Chi sta influenzando chi in questi casi? Di sicuro quelli che sono ‘positivi’ dovrebbero ‘ispirare’ i negativi!

Dipende veramente da noi se prendere dolore o meno da una situazione. Ultimamente mi è capitato di vedere un video interessante. Metteva a confronto le reazioni di un primo ministro indiano e del PM Modi quando si trovarono davanti a un microfono che non funzionava bene durante i loro discorsi. Uno reagì in malo modo, mentre l’altro rimase calmo e tranquillo. Quale dei due preferireste essere? Uno schiavo delle circostanze o un re sereno?

È Ora…di rimanere felici indipendentemente da ciò che accade. La felicità è il vostro tesoro innato. Condividerla va bene, ma non c’è bisogno di dissiparla completamente!

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